Fondazione San Giuseppe per l'aiuto materno e infantile Onlus

Una lapide per i fratelli Bronzetti Donarono l’Ospedalino di via Ducale

Lo scorso 3 settembre, in via Ducale 7, è stata solennemente scoperta una lapide in cui si legge: «Qui era la Divisione Pediatrica dell’Ospedale dei Bambini San Giuseppe che Maria e Anna Teresa Bronzetti vollero, nel 1963, a loro spese, moderno ed efficiente per i bambini di Rimini e dei dintorni, in ricordo perenne del fratello Guglielmo. L’Amministrazione Comunale. Settembre 2002». A Guglielmo Bronzetti, a cui era stato intitolato l’«Ospedalino», è intestato ora il Reparto di Neonatologia agli Infermi.

Finalmente, lasciatecelo dire, ci si è ricordati di una pagina nobile della storia riminese del secolo scorso, finita nel dimenticatoio a causa dei passaggi imposti dalla riforma sanitaria del 1968. Dal vecchio «Aiuto Materno», nato nel 1910 per iniziativa di suor Isabella Soleri, e divenuto nel ’15 «Opera Pia San Giuseppe», si era arrivati ad una nuova struttura con il primo «Ospedalino» intestato alla Regina Elena, del 1925. Poi il radicale cambiamento, con il secondo, aperto nell’ottobre 1966.

Cinque anni fa ho intervistato il prof. Ugo Gobbi che fu primario dell’Aiuto Materno, per preparare con Benito Lombardi una storia dell’istituto San Giuseppe («Scienza e Carità», ed. Il Ponte, Rimini 1998). Gobbi mi raccontò con grande partecipazione la vicenda del «suo» ospedale iniziata nel 1952 quando, alla morte del professor Manlio Monticelli, primario pediatra dell’Aiuto Materno, è chiamato a sostituirlo, appoggiato da tutti i colleghi medici e dal dottor Bongiorno, presidente dell’Istituto: «Andai a ripescare il microscopio e tutto quello che era in cantina per il laboratorio. Se c’era qualche cosa, la si mandava all’Ospedale per le verifiche necessarie, e del laboratorio non si parlava».

Gobbi resta all’Aiuto Materno dal ’52 al gennaio ’60, anno in cui riceve l’incarico di Primario nel nuovo reparto pediatrico «Vincini» del nostro Ospedale Civile: «Siccome era un incarico e siccome annusavo arie poco buone per me, ho conservato il posto come consulente dell’Aiuto Materno, e dirigente (non retribuito) della sezione immaturi e neonati». Il professor Lodovico Vincini era stato una «grande figura di filantropo che fu primario chirurgo per oltre un trentennio nella nostra città, alla quale offrì il suo cospicuo patrimonio per far sorgere la divisione pediatrica, intestata alla madre Adelaide Carrara Vincini. Egli aveva donato all’Ospedale civile anche il gabinetto radiologico con i più moderni apparecchi».

Prima del reparto «Vincini», a Rimini non esisteva Pediatria, precisa Gobbi: «La facevamo soltanto noi all’Aiuto Materno. Ma era inadeguata per mille motivi. Chiamarono me all’Ospedale Civile perché avevo già allestito Pediatria a Cesena nel ’59». L’ambiente dell’Aiuto Materno è piccolo, ma il suo raggio d’azione si estende. Gobbi apre ambulatori nel Montefeltro, a Novafeltria, Pennabilli e Perticara: «Andavo a fare l’ambulatorio per l’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia con un motorino».Nel ’62 Gobbi ritorna all’Aiuto Materno, «con la disperazione di trovare un ambiente assolutamente inadeguato: avevo lasciato un Ospedalino che era bello, ordinato, che avevo fatto pezzo per pezzo, e mi trovo in quella disperazione».

Nello stesso ’62 accade un fatto che Gobbi, dichiaratamente ateo, chiama «provvidenziale». Teresa Bronzetti, un’amica di sua madre, vuol «fare qualcosa» per ricordare il proprio fratello Guglielmo, morto due anni prima. Teresa Bronzetti si confida con la madre del professor Gobbi, la quale le suggerisce di «aiutare l’Ospedalino» dove lavora il figlio.

Detto, fatto. Teresa Bronzetti si dichiara disposta a donare «tutto» perché si costruisca un «Ospedale per bambini», dedicato alle memoria di suo fratello Guglielmo, che era stato commerciante di scarpe con negozio lungo il corso d’Augusto.

L’Ospedale Bronzetti, aggiungeva nell’intervista il prof. Gobbi, era stato costruito «con un’economia da spilorci», bisognava non superare gli ottantacinque milioni dati da Teresa Bronzetti in contanti. Gobbi controlla tutto, dall’intonaco al ferro delle porte: quando vede che le cose non vanno, fa rifare.

L’Ospedale Bronzetti è aperto nell’ottobre ’66: «C’erano delle innovazioni rispetto agli standard universitari, come le sei camere che ospitavano gli immaturi e le loro mamme, cubicoli di due metri per due, con pressione atmosferica superiore di mezzo grado a quella del corridoio, per creare un flusso laminare grazie al quale l’aria poteva uscire ma non entrare, così rimanevano fuori germi e polvere, con un ricambio di circolo dodici volte superiore a quello delle incubatrici».

L’Ospedalino ha ottanta posti letto, ma nell’estate del ’67 raggiunge anche punte di cento presenze. Il reparto di Neonatologia, al pari di quello per gli immaturi, ha box singoli ove soggiorna anche la mamma. «Pediatria ha quattro camere singole per l’osservazione del paziente dal momento del ricovero fino al chiarimento della patologie. Nelle camere a due letti si ospitano pazienti con patologie compatibili. Quelle a quattro letti sono per bambini convalescenti, della stessa fascia di età, ai quali le due assistenti sociali allietavano la degenza. Particolari poltrone-letto per la madre o un congiunto permettevano un’affettuosa assistenza 24 ore su 24, senza creare o disordine».

La lapide di via Ducale 7, se non può raccontare tutto questo, è però un invito a coltivare le memorie cittadine, alle quali anche la figura di Ugo Gobbi appartiene di diritto per la passione e la scienza espresse nella sua vita professionale.

La storia dell’Aiuto Materno e’ consultabile in Riministoria attraverso la sezione “libri”.

http://digilander.libero.it/ilrimino/att/bronzetti.674.html

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