“I wanna tear down the walls/ That hold me inside/ I wanna reach out/ And touch the flame/ Where the streets have no name” cantano gli U2. “Voglio abbattere i muri / Che mi rinchiudono/ Voglio uscir fuori/ E toccare la fiamma/ Dove le strade non hanno nome”.
Andare fuori significa per noi in primo luogo fuori dalla comunità, fuori dalle abitudini, dagli schemi, dalle parole e dai gesti quotidiani, anche dai modi di pensare più consueti, per vedere gli altri ma anche noi stessi sotto una nuova luce.
Quando abbiamo parlato ai nostri ragazzi dell’opportunità di fare un torneo di calcetto a Bologna, grazie all’associazione Agevolando, sono balzati quasi sulle sedie per l’entusiasmo.
Voglia di giocare, di far vedere il proprio valore e il proprio talento, ma anche la voglia di andare fuori… era un’opportunità da cogliere al volo!
Arriviamo la mattina presto e ci troviamo in un’ampia area verde.
Ci sono le magliette con i numeri sul dorso, gli arbitri, i fogli con le liste dei nomi e il microfono per chiamare le squadre quando è il momento, tutto contribuisce a dare quella sfumatura di serietà che è necessaria per un torneo, anche quando il gioco e il divertimento rimangono centrali.
I ragazzi sfrecciano per i campetti concentrati ma felici, proprio come la dicotomia gli suggerisce: il doppio binario del voler vincere e del piacere puro di correre, calciare e cercare di segnare.
Non vinceranno alla fine i nostri ragazzi, pagando forse lo scotto di essere poco allenati, di aver giocato insieme pochissime volte e quindi di riuscire poco a fare squadra, o almeno non abbastanza.
E un po’ ci rimarranno anche male ma li vogliamo indirizzare a trarre il positivo da questa esperienza, anche oggi siamo lì con loro a raccoglierne le parole, i sorrisi e i malumori, anche oggi è parte del giorno dopo giorno in cui noi ci siamo e vogliamo che possano contare su di noi, mentre contemporaneamente recepiamo qualcosa da loro, e non sappiamo bene cosa può essere, ma lo scopriremo.
Intanto abbiamo scoperto quanto ci fa bene uscire, andare fuori, e ci rimane impressa l’immagine di un ragazzinotredicenne, uno dei più chiusi che abbiamo conosciuto in comunità, che dopo aver passato tutto il giorno con un ragazzo di poco più grande, che ha fatto da deejay per tutta la giornata, lo saluta con un “Ciao Amico”.
L’educatore di casa Borgatti
Mauro Pozzuoli